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Mostre permanenti

“Atessa. La grafica nella pinacoteca di Gaetano Minale”

La Pinacoteca di Gaetano Minale

Auditorium Italia

Nel 2016, con la donazione di 105 opere d’arte, 104 disegni a china ed un grande quadro ad olio su tela, il nostro concittadino Gaetano Minale ha arricchito in modo significativo il patrimonio museale della città di Atessa. Il suo gesto di generosità e di lungimiranza si pone sulla linea di altre donazioni prestigiose di mecenati illustri, come Alfredo Paglione e Valter Storto, ma risulta segnato anche da un peculiare timbro affettivo, essendo egli stesso autore delle opere donate che rappresentano panorami, scorci, vedute ed angolazioni di Atessa, da lui vissuti intensamente ed impressi con grande forza espressiva nella trama del disegno e nel corso di vari decenni.

Il percorso artistico di Gaetano Minale, che dalla natia Agnone ha attinto la forza del carattere e la riservatezza gentile ed educata, si snoda negli anni in un crescendo di successi e di consensi che lo impongono all’attenzione del pubblico e della critica a livello locale, nazionale ed internazionale, come testimoniano le oltre 120 mostre allestite in Italia ed all’estero, i numerosi riconoscimenti ottenuti, le citazioni dei critici d’arte nei repertori e nelle pubblicazioni e le nomine onorifiche a membro di accademie prestigiose.

Nelle opere in china Egli interpreta in modo personalissimo il paesaggio di Atessa, con intense vibrazioni di colore che si sprigionano dalle pennellate vigorose e decise, ma al tempo stesso rigorose ed incisive nella linearità del segno e nella compattezza volumetrica. Lo skyline della città, superbo ed imponente, quale si offre alla vista per chi transita lungo la strada che scende da Tornareccio, viene reso con precisione quasi fotografica e, nel paesaggio ad olio, si illumina di vita e di significati alla luce accecante delle ginestre che riverberano bagliori, suggestioni e rimandi allegorici sul tessuto architettonico e sulle pieghe delle colline che sconfinano nel cielo.

Tutte le opere in china esposte nel foyer dell’Auditorium Italia scandiscono il suo itinerario interiore e ritmano la sua maturità artistica in fieri. Esse si possono perciò considerare dei veri ‘paesaggi dell’anima’, ricchi di memorie naturalistiche, storiche ed architettoniche, proiezioni di un vissuto multiforme, impresso nella linearità del segno con la stessa fulminante immediatezza dell’obiettivo fotografico, ma reso duttile e palpitante di emozioni dalla sapiente regia creativa del pittore.

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L’esito finale, l’opera compiuta, è perciò un concentrato esclusivo di sensibilità estetica e di padronanza tecnica. Minale sortisce, con la varietà degli inchiostri e delle penne utilizzate, degli effetti veramente sorprendenti, servendosi con sempre crescente abilità di tutti gli strumenti e mezzi che risultano complementari e di ausilio al disegno con la china.

Nel linguaggio grafico Egli si spoglia della fastosità cromatica degli oli e predilige il ‘mistero’ del bianco e del nero che asseconda la qualità evocativa dell’immagine. Anche quando le chine si vestono di colori, le scelte risultano sobrie ed essenziali e si allontanano dai moduli pittorici che contraddistinguono la produzione dei quadri ad olio

L’amore per la città infiamma il suo occhio vigile, pronto a cogliere particolari angolazioni, dettagli architettonici, moduli artistici di monumenti e di chiese che ne restituiscano la storia e i codici umani e sociali. Ogni singolo disegno rappresenta una storia a sé, un segmento della realtà totale, ma al tempo stesso la proiezione di una particolare emozione, un frammento di conoscenza che Minale vive e sperimenta e che affida alle capacità espressive della sua arte per comunicarle e trasmetterle ai suoi concittadini ed alle generazioni future.

Il ‘racconto per immagini’ del tessuto urbano e sociale di Atessa ammalia, persuade ed emoziona, pur conservando la serietà e l’attendibilità di una testimonianza documentaria precisa e scientifica, come nelle vedute di scorci paesaggistici ormai urbanizzati o di prospettive architettoniche alterate da successivi interventi edilizi. Basti citare, per fare qualche esempio, i quadri raffiguranti la ‘nuova’ stazione ferroviaria della Sangritana e l’habitat circostante, completamente modificati dalle costruzioni dei complessi edilizi della pretura e dell’istituto scolastico Spaventa; l’antica quinta scenica di Piazza Santa Croce, con le vecchie abitazioni site in armonia di fronte alla facciata della chiesa e ora sostituite da un più moderno edificio; Piazza Garibaldi con il mitico cinema di ‘Mbrosio, prima dell’intervento edilizio con l’edificazione del complesso Vittoria; o l’animata angolatura di Via Cesare Battisti con Piazza Oberdan, Sandurrenze e la Funtane per gli Atessani, con immortalate ancora le colorate pompe di benzina.

L’immediatezza comunicativa che si sprigiona dalla linearità del segno caratterizza anche l’ampia produzione in china con soggetti privilegiati le facciate delle chiese, gli edifici sacri ed i campanili che disegnano il profilo della città e che si addensano nelle strade, nelle piazze e nei vicoli del centro storico o che punteggiano i contesti rurali o suburbani.

In queste vedute il disegno si fa poesia nella cura dei dettagli e dei particolari, come nella facciata di San Leucio, più volte rappresentata, con o senza cromatismi, per evidenziarne la solenne maestosità e lo spessore storico-religioso, in concerto con le fascinose leggende delle origini.

Nel ‘racconto visivo’ della città Atessa un ruolo privilegiato occupano anche le chine che rappresentano le antiche porte urbiche, intessute del loro passato ed ancora evocative dei traffici, dei commerci e dei flussi di popolazione, di mercanti, di pellegrini e di eserciti.

La collezione di Gaetano Minale indossa, dunque, ‘il colore del tempo’ con le sue memorie, le sue vicende e le sue storie. Collocata negli spazi adiacenti alla sala polifunzionale del complesso Vittoria, essa si qualifica come uno dei poli di un ‘percorso dell’arte e della cultura’ che si può tracciare all’interno del centro storico e che ha il suo polo opposto nell’ex chiesa di San Pietro in Largo Castello, sede della mostra permanente “I colori dell’acqua”. Tappe intermedie, significative e prestigiose di tale percorso, costruito dal 2010 al 2017, con gli sforzi sinergici dell’amministrazione comunale e della Fondazione MuseAte, sono ormai realtà ben consolidate e ben conosciute dentro e fuori i confini regionali: il Museo Aligi Sassu, la Collezione d’arte Storto-Vaselli, l’Archivio Storico comunale, gli Archivi Storici Riuniti della chiesa di San Leucio, le numerose chiese del centro storico e la teca espositiva con i tesori di San Leucio.

Un ricco tracciato di arte e cultura, da vivere e far vivere dinamicamente, tutelare e valorizzare, che Gaetano Minale ha accresciuto, abbellito ed impreziosito con la potenza espressiva delle sue creazioni artistiche donate alla città con grande generosità e raffinata sensibilità.

ADELE CICCHITTI

“Collezione d’arte di Valter Storto e di Tommaso Storto e Gilda Vaselli”

Collezione d'Arte

Storto · Vaselli

Palazzo Ferri

La ricchezza e la varietà delle opere, pezzi unici o multipli, introducono il visitatore nel labirinto dell'arte contemporanea, trasmettendo sensazioni e suggestioni che non smettono mai di stupire, ma che si moltiplicano e si affinano ad una seconda o terza visita, senza mai perdere di intensità.

Natale Rosselli nel suo “Paesaggio a Montespertoli località Virgignolo”, opera unica, dipinge un angolo di Toscana con grosse chiazze di verde in tutta la sua scala cromatica, intervallate da punte di ocra e di giallo, con il colore così denso da dare alla tela la corposità della terra che rappresenta.

Figure eteree di donna, fra idealismo e classicismo, si fissano nella scultura “Ginevra” e nel bassorilievo “Gabriella” di Francesco Messina, uno dei più grandi artisti figurativi del panorama nazionale del XX secolo. Ma sono soprattutto due opere religiose di Messina a sollecitare l'interesse e l'attenzione: il bassorilievo in bronzo “Madonna col Bambino” che si richiama alla tradizione quattrocentesca e “Il Cristo” che rappresenta Gesù Crocifisso, poggiato sullo sfondo, senza la croce, ma che si intuisce in tutta la sua pesantezza ed il suo dolore.

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Numerose opere di ispirazione religiosa arricchiscono la mostra, fra cui molte sculture. Il “Grande Angelo” di Leonardo Lucchi sembra spiccare il volo, leggero ed elegante nelle braccia spalancate in un abbraccio; “Gli strumenti della Porta Santa”, “La Sindone” e “Ultima cena”di Amerigo Tot sono intrisi di profonda forza espressiva e simbolica; “La Resurrezione” di Angelo Maineri è tragica ma piena di speranza e poi ancora le tante opere di Salvatore Fiume, come i bassorilievi “Alma mater”,”Maria”, “Christus vincit”, “Regina pacis”, “Natività”,“Sacra Famiglia”, “Madonna del giubileo”ecc., tutti in bronzo dorato, in cui l’artista rivisita i grandi maestri classici dell’arte sacra, ed, infine, il trittico su tavola “Cristo che sorride”, dove la tecnica dei graffiti raggiunge risultati di assoluta eccellenza. E poi la serie degli Angeli con violino, con il volto dipinto di profilo, la straordinaria rappresentazione di “E Dio creò la donna” con Adamo steso nell’interno della mano di Dio che guarda Eva poggiata sulle dita,“Donne al balcone”, “Graffiti preistorici” ed altre opere del suo variegato percorso artistico, nelle quali l’autore esprime una concezione dell’arte personale ed originale , generando uno stile unico che Vittorio Sgarbi ha definito “lo stile Fiume”.

Mimmo Rotella, nella serie delle opere del ciclo “Marylin Il Mito”, superata la crisi di identità, in bilico fra pittura astratto-geometrica e Pop Art, focalizza il suo messaggio artistico nella tecnica del decollage, trasferendo sulla tela materiale pubblicitario, locandine ed immagini, e consacra Marylin Monroe, stella del cinema degli anni 50-60 del XX secolo, nell’universo del mito e dell’arte come icona di bellezza e di seduzione.

Antonio Nocera declina la femminilità non in chiave estetica ma sul piano psichico e concettuale. Nell’opera “Il frutto proibito” l’artista, attraverso i toni rosati, bruni e beige, cerca di cogliere nel volto spigoloso di Eva la consapevolezza del suo gesto e la scelta tra bene e male così pesante di esiti immediati e futuri. Così, nel trittico “La Madonna degli alberi”, la figura della Vergine con bambino si impone non per la poeticità dei tratti somatici, ma per l’autorevolezza dell’espressione.

L’eleganza della forma e la tenuità del segno rappresentano la cifra stilistica della bellezza muliebre di Emilio Greco. Nel delicato “Nudo di donna” e nel più sensuale groviglio di corpi di “Composizione” l’artista evidenzia le rotondità femminili con lo stesso vigoroso plasticismo che caratterizza la scultura “Figura accoccolata”.

Priva di slanci vitali, intrappolata nei toni opachi e tristi del viola, la donna di Alberto Sughi in “Notturno”si appoggia al bancone del bar, affogando nel bicchiere e nella sigaretta la sua malinconia.

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Nella lunetta contigua le opere di Aligi Sassu esaltano la potenza del colore, vivo e brillante, generatore di forme e di emozioni, simbolo di libertà espressiva e di coerenza artistica. Nell’arazzo “Ofelia” l’eroina è un inno al colore, una sinfonia cromatica che inonda anche la natura ed il corso d’acqua dove Ofelia, in preda alla follia, violenta e devastante come la sua chioma rossa, troverà la morte e la pace.

Colori tenui, sul rosa e sul beige, linee di contorno lievi e raffinata eleganza caratterizzano le tre opere uniche di Elvio Marchionni: “Virile maestà”, “Interventi su vecchio intonaco” e “Strappo”. La tecnica dell’utilizzo di vecchi intonaci, quale supporto per le sue creazioni, consente, infatti, all’artista di “muoversi” nella storia, fra crepe e muffe, e di un “viaggio nella memoria” dal sapore psicoanalitico.

Su un piano più libero da implicazioni concettuali si collocano le opere di Ugo Nespolo. Colori squillanti, gioiosi ed intensi, armoniosamente assemblati, ne esprimono la dimensione artistica e quella psicologica. Pezzi unici come “Atelier”, “Azione De Rossi”, “Palla al piede”, “Erudito” o multipli come “La Fenice”, “Il Signore viene”, “American Dream”, “Alfa e omega”, “Il giardino dei simboli” proiettano l’arte nella vita quotidiana e regalano allegria e positività.

Ugo Attardi in “Ricordando l’antica umiltà” coagula sulla figura di papa Giovanni Paolo II la sofferenza dell’uomo e, metaforicamente, quella di tutto il genere umano, ai lati di una grande croce, in una gamma di giallo che, per contrasto, genera luce e speranza.

Anche le numerosissime sculture di Attardi, fra cui “Cristoforo Colombo”,“Ulisse” e “L’uomo e l’aurora”, si evidenziano per un vigoroso plasticismo, mentre il linguaggio artistico di Jean Pierre Baldiniin “Verso l’assoluto” richiama il non finito michelangiolesco, nella figura appena abbozzata e protesa verso la luce.

Le sculture di Alexander Kossuth si impongono per il plasticismo morbido e raffinato delle forme. “Tip tap”, “Eva” e “Venere di Campiglia” declinano grazia, eleganza ed equilibrio e si offrono al piacere degli occhi e della mente, motivando emozioni positive, ben diverse da quelle di Salvador Dalì, presente in mostra con la scultura “L’uomo di Newton”, nella quale si condensa tutto il surrealismo tipico della sua produzione artistica .

Ed, infine, tra le altre opere che impreziosiscono la collezione e che portano la firma di autori del calibro di Minguzzi, Donizetti, Solari, Annibali ecc., una menzione particolare merita Mario Ceroli, artista poliedrico di Castelfrentano, presente in mostra con le opere “La cacciata”, “Toro”, “C’eravamo tutti”, “un autore che merita il titolo di maestro", come ha scritto Duccio Trombadori. Un maestro che ha tradotto le idee in gesti e materia, lavorando su materiali naturali ed esaltando il significato intrinseco delle cose reali.

ADELE CICCHITTI

SEZIONE LIBRI D’ARTE

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La sezione Libri d’Arte, parte integrante della Collezione Storto-Vaselli, dapprima allestita presso la Biblioteca Comunale “Filippo Cicchitti Suriani”, è stata trasferita a Palazzo Ferri e ricongiunta con la sezione dei quadri e la sezione delle sculture che costituiscono il corpus della donazione al comune di Atessa. Si tratta di una serie di testi realizzati con pregiatissimi materiali da artigiani certosini, raffinati e bravissimi che hanno saputo riprodurre opere eccellenti del passato, come l’Historia Plantarum, dal codice della Biblioteca Casanatense di Roma, noto anche come Tacuinum Sanitatis , eseguito alla corte di Gian Galeazzo Visconti, o il Libro d’ore di Lorenzo dei Medici, dal codice della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze o il Libro d’ore di Visconti dal codice della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, tutti della collezione “La Biblioteca impossibile” editi da Franco Cosimo Panini Treccani. Ma dalle teche, in rigoroso legno bianco e cristallo, occhieggiano decine di altri volumi di elevato livello artistico: opere di autori della letteratura italiana, come Dante, Petrarca, Ariosto, Leopardi, Manzoni, D’Annunzio, Collodi, ecc., della letteratura straniera, come Cervantes e Le mille e una notte, o libri di carattere religioso, come la Bibbia, tra cui la riproduzione fedelissima e rara di quella di Borso d’Este, i Vangeli, La Regola ed i Fioretti di San Francesco, il Cantico dei Cantici, i testi preziosissimi della Bibliotheca Ioannes Paulus PP.II ed, infine, una miscellanea di altre opere geografiche, antropologiche, scientifiche. Ma tutte rigorosamente commentate da critici di prestigio nazionale ed internazionale ed illustrate o corredate da tavole interne di grandi maestri, come Josè Ortega, Alberto Sughi, Mario Ceroli, Gustavo Dorè, Ugo Nespolo, Matias Quetglas, Ugo Riva, Renato Balsamo, Leonardo Cremonini, Mario Donizetti ed altri. Anche le copertine esterne sono impreziosite da sculture e bassorilievi in bronzo ed in argento, da lastre in rame lavorate a specchio, da incisioni o stemmi che portano la firma degli autori precedenti o di autori di notevole spessore artistico, come Julio Lopez Hernandez, Floriano Boldini, Arnaldo Pomodoro, Giuseppe Ducrot, Paola Baratella, Giuseppe Maraniello, Elvio Marchionni, Italo Celli, Ernesto Treccani, Bronislav Lucovic, Pericle Fazzini e di altri artisti che lavorano per le edizioni di eccellenza di FMR ART’E’. Un vero tesoro che gratifica gli occhi, rasserena lo spirito ed illumina la mente delle vecchie e nuove generazioni con intatta meraviglia e pari curiosità.

“I colori dell’acqua”

I Colori dell'Acqua

Ex Chiesa di San Pietro

La chiesa di San Pietro è situata in pieno centro storico, in Piazza Castello, un toponimo che rimanda all’antico Castellum de Atissa citato nel Chronicon Farfense in un atto di donazione dell’829. La struttura domina l’articolato impianto elicoidale del quartiere medioevale di Tixa, uno dei due borghi che, con Ate, ha contribuito alla formazione della città di Atessa. Gli elementi degli stipiti del piccolo portale trilitico che adorna la facciata, semplice e pulita, ne tradiscono stilisticamente l’ascendenza medioevale.

L’edificio, più volte rimaneggiato, subisce una radicale ristrutturazione sotto il prevosto Antonio Di Luca di Chieti, che guidò la prepositura atessana negli anni 1467-1490.

Anticamente retta da un curato, poi proprietà della famiglia La Furia e, per ultimo, della famiglia Serafini, la chiesa, negli ultimi decenni del XX secolo, è stata acquisita dal comune di Atessa e ristrutturata come sala polifunzionale.

Dal 2010 è sede della Fondazione MusAte che ha curato l’allestimento, al suo interno, della mostra permanente “I colori dell’acqua”, comprendente 120 quadri che artisti contemporanei hanno prodotto come omaggio a Giò Pomodoro, in occasione dell’inaugurazione della fontana ideata dal grande scultore ed installata nel 2004 in Piazza Oberdan.

La vis creativa degli artisti si proietta, infatti, sul filone monotematico proposto, “Tensioni e riflessi del Sangro”, che costituiva il filo conduttore dell'omaggio a Giò Pomodoro, su progetto di Ernesto Terlizzi. Le opere realizzate, già esposte a Palazzo Ferri, hanno trovato una più degna e prestigiosa collocazione nello spazio luminoso dell'aula sacra di San Pietro, sottoposta ad un accurato e paziente restauro conservativo e valorizzativo.

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Quasi tutti gli artisti si sono cimentati sul tema dell'acqua, rispettando il formato proposto, nella dimensione orizzontale o verticale, e realizzando un “unico lavoro a 200 mani”. Il progetto di Giò Pomodoro e le immagini della fontana realizzata in Piazza Oberdan aprono la lunga teoria dei quadri nei quali l'acqua e/o il fiume vivono in forme figurative o per richiami simbolici o per accostamenti ideali o sull'onda di sottili suggestioni o, infine, attraverso segni criptici, sperimentazioni polimateriche e astrazioni geometriche in cui convergono, si scontrano e si raccordano le tensioni emotive, le idealità e le regole stilistiche dei vari artisti.

Nel fiume Sangro o semplicemente nell'acqua, come metafora della vita, come esperienza cromatica, come movimento nello spazio e come segno nel tempo, si specchia l'universo concettuale di molti autori e si intuiscono i riflessi della loro ricerca formale ed estetica.

Summatim si può rilevare che in A. D'Amelio il fiume scorre serpentiforme, è rosso brillante, con esplicito richiamo alla suggestiva etimologia del Sangro da sangue. In Bruno Donzelli il Sangro è una corposa linea di variegato azzurro che divide verticalmente uno spazio geografico artistico che ne caratterizza la storia ed il vissuto personale. L'omaggio a Giò Pomodoro di Ernesto Terlizzi, ideatore e curatore della mostra, è una vela che sembra svettare verso l'alto, unico elemento dinamico tra le due forme geometriche che scandiscono lo spazio e si impongono per il non colore, il nero ed il grigio. In Simon Benetton l'alternarsi di fasci di linee orizzontali e verticali, che si intersecano nello sfondo azzurro, suggerisce lo zampillio dell'acqua e la potenza simbolica della sua energia fecondatrice. In Vincenzo Di Giosaffatte il fiume Sangro è rappresentato da una larga striscia verticale di onde azzurre e rosate che catturano la luce. Leggera ma intensa come il mondo delle fiabe è la composizione che Giosetta Fioroni intitola “Fiore di palude”; 'L'Alto Sangro' di Eteras Verrusio ha una forza espressiva di insondabile profondità, mentre nell’acquerello 'Sulle orme di Narciso, nel Sangro' del marito, il grande artista Pasquale Verrusio, i volumi si annullano nella luce rosata e biancastra e la levità del corpo di Narciso gareggia con l'evanescenza dell'ombra riflessa.

L'elenco potrebbe continuare e svelare tanti aspetti insospettabili della creatività e della inesausta ricerca stilistica degli artisti contemporanei. In alcuni autori, tuttavia, non prevale il tema dell’acqua ma la ricerca dell'omaggio da tributare a Giò Pomodoro, utilizzando immagini, forme e simboli più rispondenti agli imperativi artistici personali che all'elaborazione del tema proposto. Ma in tutte le opere presenti domina l'esplosione dei colori, vibrante e fascinosa in cui ciascun artista proietta il proprio vissuto interiore, crea forme e conferisce forza e consistenza ai propri sentimenti.

ADELE CICCHITTI

“Il Gran fuoco di Aligi Sassu. 60 ceramiche e sculture dal 1939 al 1989. Una selezione di opere dal Museo Sassu di Castelli”

Dal 17 luglio 2013, a conclusione delle celebrazioni del primo centenario della nascita dell’Artista (Milano 17 luglio 1912 - Pollensa/Baleari 17 luglio 2000), il Museo Aligi Sassu di Atessa ospita la mostra “Il gran fuoco di Aligi Sassu. 60 ceramiche e sculture dal 1939 al 1989. Una selezione di opere dal Museo Sassu di Castelli (Te)”, a cura di Adele Cicchitti, Anna Pia Apilongo e Anna D’Intino.

Libri d’arte della Collezione Storto-Vaselli

Libri d’arte della Collezione Storto-Vaselli dapprima presso Biblioteca Comunale “Filippo Cicchitti Suriani” di Atessa. Inaugurazione: Atessa 26 giugno 2010.
La collezione è stata traslata, nel 2018, presso Palazzo Ferri.

Museo “Sassu in Abruzzo”

Museo Sassu

Lo storico Palazzo Ferri , dimora gentilizia ed elegante esempio di architettura urbana della seconda metà del XIX secolo, è la sede del percorso museale interamente dedicato al grande maestro Aligi Sassu (1912-2000), con 210 opere che coprono un lungo arco cronologico, dal 1927 all’ultimo decennio del XX secolo. Le opere sono state donate al comune di Atessa, nell’estate del 2010, da Alfredo Paglione, nativo di Tornareccio e già titolare della prestigiosa Galleria Trentadue, dove si sono incrociati artisti ed intellettuali della Milano colta della seconda metà del secolo trascorso. Dal sodalizio artistico e culturale fra Alfredo Paglione e Aligi Sassu, motivato anche a livello affettivo dai rispettivi matrimoni con le sorelle Teresita ed Helenita Olivares, si sono originate intense esperienze di vita e di arte che arricchiscono ed affascinano visitatori giovani e meno giovani.

Dall’itinerario espositivo di Palazzo Ferri tutto l’operato artistico e grafico di Aligi Sassu, personalità poliedrica, autonoma, unica nel modo di rapportarsi agli eventi artistici e culturali del suo tempo e di filtrarne le novità espressive, emerge con grande incisività ed autorevolezza, attraverso la vastità e la varietà dei temi affrontati e le sorprendenti sperimentazioni delle molteplici tecniche pittoriche adottate.

Al primo piano l’allestimento comprende circa 90 opere, fra disegni, acquerelli, pastelli e tempere. Nelle prime due opere esposte, Il ritorno e Ultradecorazione, tempere prodotte nel 1927, a soli 15 anni, Sassu manifesta la sua adesione ai moduli del Futurismo con straordinaria maturità compositiva e cromatica. Nell’acquerello Il Ciclista l’Artista esprime la metafora della vita e afferma nel ciclo degli Uomini Rossi, in modo esplosivo e rivoluzionario, la scelta visionaria del colore, attraverso le figure senza peso e senza volume, incise nella tavolozza del rosa e del rosato, con le venature dell’ocra, del giallo e dell’azzurro.

  • 10 Il Ciclista 1930 Acquerello

  • 11 Dopo Larrivo 1931 Lapis Blu

  • 12 Due Ciclisti 1932 Acquerello

  • 13 Ciclisti Allarrivo 1931 Acquatinta A 3 Colori

Dopo i soggiorni a Parigi, l’esperienza ‘francese’ echeggia nell’ambientazione delle scene dei caffè, luoghi di ritrovo, ma anche luoghi della noia, della solitudine e della tristezza, negli interni dei postriboli, con il loro crudo e disarmante vissuto, nei ritratti malinconici, nei gruppi e nelle animazioni delle strade.

A cavallo degli anni ‘40 l’orizzonte culturale milanese è segnato dal dibattito sul rapporto fra cultura ed ideologia, fra cultura ed arte che si coagula sulle pagine della rivista Corrente di Ernesto Treccani, intorno alla quale si muovono, con Aligi Sassu, i migliori intellettuali del tempo. All’impegno artistico Sassu affianca anche quello civile e politico e proietta la sua posizione ideologica contro la dittatura e la violenza in opere di crudo realismo, come Fucilazione nelle Asturie, Guadalajara e Carlisti che fucilano un repubblicano. Tuttavia il dissenso al regime fascista, nel 1937, gli fa sperimentare l’amarezza del carcere e una dolorosa costrizione psicologica che si esprimono in modo significativo nel linguaggio delle crocifissioni e delle deposizioni.

Una febbrile attività di pittore, scultore e ceramista impegna il Maestro nei decenni successivi in esperienze plurime che lo vedono autore di un numero grandissimo di opere, inter-attivo sul piano culturale, aperto alle esperienze di viaggio, protagonista di mostre ed esposizioni nei luoghi più diversi e lontani, con un vero repertorio biblico di opere che incantano il pubblico e convincono i critici in maniera sempre più motivata.

Nel museo di Atessa gli anni ’50 e ’60 vengono documentati da disegni ad acquerello, pastelli a cera, inchiostri, lapis e sanguigna dove le battaglie e le lotte si mescolano ai quadri delle stazioni della Via Crucis ed alle scene dei concili ed i soggetti mitologici si intersecano con spaccati di vissuto familiare e frammenti di intimità domestica.

  • 27 Le Due Bione 1959 Acquerello

  • 44 Anna Teresa Olivares 1962 Pastelli

  • 51 Il Cavaliere Caduto 1959 Acq Forte Ed Acq Tinta

Diverse opere, illuminate da nuovi ed accesi bagliori cromatici, celebrano poi la stagione spagnola di Sassu, la sua seconda giovinezza, come la definisce Dino Buzzati, che inizia con l’apertura di uno studio nell’isola di Maiorca nel 1963, lo stesso anno in cui il futuro cognato Alfredo Paglione inaugura la Galleria Trentadue.

Lungo le pareti delle varie sale del secondo piano di Palazzo Ferri si snoda un vasto repertorio dell’opera grafica di Aligi Sassu, tra serigrafie, litografie, acquetinte, acqueforti , armonizzandosi con i soffitti affrescati con scene di caccia, paesaggi, puttini e muse danzanti al suon della cetra.

Il Maestro ha il raro dono di stupirsi di fronte alle cose e di lasciare stupiti coloro che ammirano le sue opere, come le superbe illustrazioni dell’Orlando Furioso di Ariosto, eseguite nel 1974, dove si intrecciano realtà e sensualità, gioco simbolico ed ironia, fantasia e dimensione onirica.

Negli anni della piena maturità artistica il colore ed il cavallo diventano i sigilli identificativi, esclusivi ed irripetibili, dell’opera di Aligi Sassu. Ma è soprattutto il colore, brillante, acceso, vivo, trasudante emozioni e suggestioni indefinibili che sublimano la sua esperienza artistica, già connotata da una perizia tecnica di ineguagliabile livello, e la impongono come punto di riferimento della vita artistica nazionale ed internazionale della seconda metà del ventesimo secolo.

Nelle splendide opere esposte nel museo di Atessa, Sassu declina il soggetto cavallo in tutta la tavolozza cromatica, subendo e trasmettendo il fascino di questo animale elegante, fiero e solenne, che sprigiona una forza primordiale e selvaggia come la terra sarda della sua infanzia e della sua famiglia.

Perché i cavalli di Aligi Sassu incantano con la malia del mito, scalpitano fra onde tempestose, si impennano al chiarore della luna, riposano su prati d’amore, forano le rocce, si dimenano nelle battaglie, nitriscono con le criniere al vento, danzano su scacchiere impossibili, emozionando e seducendo sempre i visitatori del Museo di Atessa.

ADELE CICCHITTI

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Trine e trame di merletti

Trine e Trame di Merletti

Palazzo Ferri

Al terzo piano è allestita la mostra permanente “Trine e trame di merletti” che presenta lavori ad uncinetto eseguiti dalle donne del territorio con l’intento di valorizzare e riscoprire una tradizione peculiare e identitaria. Sono esposti pezzi realizzati dalla fine dell‘800 fino al nostro recente passato che raccontano stralci di vita quotidiana e celebrano particolari momenti vissuti.

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