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Museo Sassu

Lo storico Palazzo Ferri , dimora gentilizia ed elegante esempio di architettura urbana della seconda metà del XIX secolo, è la sede del percorso museale interamente dedicato al grande maestro Aligi Sassu (1912-2000), con 210 opere che coprono un lungo arco cronologico, dal 1927 all’ultimo decennio del XX secolo. Le opere sono state donate al comune di Atessa, nell’estate del 2010, da Alfredo Paglione, nativo di Tornareccio e già titolare della prestigiosa Galleria Trentadue, dove si sono incrociati artisti ed intellettuali della Milano colta della seconda metà del secolo trascorso. Dal sodalizio artistico e culturale fra Alfredo Paglione e Aligi Sassu, motivato anche a livello affettivo dai rispettivi matrimoni con le sorelle Teresita ed Helenita Olivares, si sono originate intense esperienze di vita e di arte che arricchiscono ed affascinano visitatori giovani e meno giovani.

Dall’itinerario espositivo di Palazzo Ferri tutto l’operato artistico e grafico di Aligi Sassu, personalità poliedrica, autonoma, unica nel modo di rapportarsi agli eventi artistici e culturali del suo tempo e di filtrarne le novità espressive, emerge con grande incisività ed autorevolezza, attraverso la vastità e la varietà dei temi affrontati e le sorprendenti sperimentazioni delle molteplici tecniche pittoriche adottate.

Al primo piano l’allestimento comprende circa 90 opere, fra disegni, acquerelli, pastelli e tempere. Nelle prime due opere esposte, Il ritorno e Ultradecorazione, tempere prodotte nel 1927, a soli 15 anni, Sassu manifesta la sua adesione ai moduli del Futurismo con straordinaria maturità compositiva e cromatica. Nell’acquerello Il Ciclista l’Artista esprime la metafora della vita e afferma nel ciclo degli Uomini Rossi, in modo esplosivo e rivoluzionario, la scelta visionaria del colore, attraverso le figure senza peso e senza volume, incise nella tavolozza del rosa e del rosato, con le venature dell’ocra, del giallo e dell’azzurro.

Dopo i soggiorni a Parigi, l’esperienza ‘francese’ echeggia nell’ambientazione delle scene dei caffè, luoghi di ritrovo, ma anche luoghi della noia, della solitudine e della tristezza, negli interni dei postriboli, con il loro crudo e disarmante vissuto, nei ritratti malinconici, nei gruppi e nelle animazioni delle strade.

A cavallo degli anni ‘40 l’orizzonte culturale milanese è segnato dal dibattito sul rapporto fra cultura ed ideologia, fra cultura ed arte che si coagula sulle pagine della rivista Corrente di Ernesto Treccani, intorno alla quale si muovono, con Aligi Sassu, i migliori intellettuali del tempo. All’impegno artistico Sassu affianca anche quello civile e politico e proietta la sua posizione ideologica contro la dittatura e la violenza in opere di crudo realismo, come Fucilazione nelle Asturie, Guadalajara e Carlisti che fucilano un repubblicano. Tuttavia il dissenso al regime fascista, nel 1937, gli fa sperimentare l’amarezza del carcere e una dolorosa costrizione psicologica che si esprimono in modo significativo nel linguaggio delle crocifissioni e delle deposizioni.

Una febbrile attività di pittore, scultore e ceramista impegna il Maestro nei decenni successivi in esperienze plurime che lo vedono autore di un numero grandissimo di opere, inter-attivo sul piano culturale, aperto alle esperienze di viaggio, protagonista di mostre ed esposizioni nei luoghi più diversi e lontani, con un vero repertorio biblico di opere che incantano il pubblico e convincono i critici in maniera sempre più motivata.

Nel museo di Atessa gli anni ’50 e ’60 vengono documentati da disegni ad acquerello, pastelli a cera, inchiostri, lapis e sanguigna dove le battaglie e le lotte si mescolano ai quadri delle stazioni della Via Crucis ed alle scene dei concili ed i soggetti mitologici si intersecano con spaccati di vissuto familiare e frammenti di intimità domestica.

Diverse opere, illuminate da nuovi ed accesi bagliori cromatici, celebrano poi la stagione spagnola di Sassu, la sua seconda giovinezza, come la definisce Dino Buzzati, che inizia con l’apertura di uno studio nell’isola di Maiorca nel 1963, lo stesso anno in cui il futuro cognato Alfredo Paglione inaugura la Galleria Trentadue.

Lungo le pareti delle varie sale del secondo piano di Palazzo Ferri si snoda un vasto repertorio dell’opera grafica di Aligi Sassu, tra serigrafie, litografie, acquetinte, acqueforti , armonizzandosi con i soffitti affrescati con scene di caccia, paesaggi, puttini e muse danzanti al suon della cetra.

Il Maestro ha il raro dono di stupirsi di fronte alle cose e di lasciare stupiti coloro che ammirano le sue opere, come le superbe illustrazioni dell’Orlando Furioso di Ariosto, eseguite nel 1974, dove si intrecciano realtà e sensualità, gioco simbolico ed ironia, fantasia e dimensione onirica.

Negli anni della piena maturità artistica il colore ed il cavallo diventano i sigilli identificativi, esclusivi ed irripetibili, dell’opera di Aligi Sassu. Ma è soprattutto il colore, brillante, acceso, vivo, trasudante emozioni e suggestioni indefinibili che sublimano la sua esperienza artistica, già connotata da una perizia tecnica di ineguagliabile livello, e la impongono come punto di riferimento della vita artistica nazionale ed internazionale della seconda metà del ventesimo secolo.

Nelle splendide opere esposte nel museo di Atessa, Sassu declina il soggetto cavallo in tutta la tavolozza cromatica, subendo e trasmettendo il fascino di questo animale elegante, fiero e solenne, che sprigiona una forza primordiale e selvaggia come la terra sarda della sua infanzia e della sua famiglia.

Perché i cavalli di Aligi Sassu incantano con la malia del mito, scalpitano fra onde tempestose, si impennano al chiarore della luna, riposano su prati d’amore, forano le rocce, si dimenano nelle battaglie, nitriscono con le criniere al vento, danzano su scacchiere impossibili, emozionando e seducendo sempre i visitatori del Museo di Atessa.

ADELE CICCHITTI

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